Boundless. Il talento senza limiti di Jillian Tamaki

Non si sa bene come, ma una delle poche testate cartacee che quest’estate si è occupata dell’uscita italiana di Boundless, la prima raccolta di storie brevi a fumetti di Jillian Tamaki, è stata Cronaca Vera. Sì, proprio il settimanale di costume e cronaca nera diventato un culto tra gli amanti del trash editoriale italiano. Francamente non pensavo nemmeno dedicasse spazio ai libri, nel delirio delle sue rubriche.

Per il resto, l’esistenza di Senza limiti (questo il titolo scelto dalla casa editrice Coconino Press per il volume, inserito nella collana Warp) è passata un po’ in sordina. Il che è, come dire, un peccato. Il nome dell’autrice canadese non è nuovo al pubblico italiano, che porta ancora addosso come postumi di una sbornia amorosa i ricordi delle letture di Skim e E la chiamano estate, i sofisticati coming-of-age che aveva realizzato a quattro mani con sua cugina, la scrittrice Mariko Tamaki.

Forse giugno non era il giusto in cui farlo uscire, chissà. O forse il formato scelto per quest’edizione non è piaciuto (un po’ più grande dell’originale, che certe storie paiono galleggiare nella pagina). In ogni caso meglio fare un po’ da megafono perché questa è la prima prova di Tamaki come autrice unica che ci passa per mano. Boundless è un fumetto personale, imprevedibile e stupefacente che riesce a gettare un ponte tra mainstream e sperimentazione in modo estremamente naturale.

Uscito originalmente per Drawn&Quarterly nel 2017, il libro parla di consumismo, internet culture, fandom ossessivi, musica ipnotica, case da disinfestare, marketing piramidale e sitcom pornografiche. C’è davvero di tutto. E le protagoniste delle 9 storie (apparse per la maggior parte online su Hazlitt.net, Frontier e Nobrow 7) sotto tutte donne alle prese con le incertezze del nostro tempo e i tentativi personali, spesso incidentati, di riconciliare la vita online e quella reale.

Emozioni e registro visivo cambiano con i capitoli, che hanno una lunghezza variabile dalle 14 alle 30 pagine. Jillian Tamaki sembra voler rifuggire qualsivoglia definizione formale, continuando inesorabile i suoi esperimenti con lo spazio delle pagine (la prima e l’ultima storia ad esempio vanno lette girando il libro in verticale, piegando la testa di conseguenza), costruendo una compilation inaspettata di allegorie, humour, tristezza e puro terrore.

In “The Clairfree System”, le false promesse di guadagno di un’azienda di cosmetici che pratica marketing piramidale (immaginate Herbalife, ma con detergenti, tonici e creme viso) sono smascherate e rese ridicole dallo straniante accostamento horror-esoterico dei disegni con cui vengono rappresentate.

In “Half Life” il corpo di Helen inizia misteriosamente a “ridursi”, fino a farla diventare minuscola. Lei però non va nel panico, ma con lucidità (e serenità persino) si adatta al cambiamento, accogliendolo. Una metafora dell’invecchiamento, come ha spiegato la stessa Tamaki, che di anni ne aveva 32 quando ha disegnato la storia: “Invecchiare è morire, no? Ecco perché andiamo tutti fuori di testa quando ci pensiamo. Ma in fondo questo processo va affrontato con serenità – Perdi il controllo del proprio corpo, ma con grazia”.

“Darla!” invece è l’unica storia in cui la voce narrante è affidata ad un uomo: un produttore televisivo che negli anni Novanta aveva ideato una serie tv smaccatamente porno, cancellata dopo pochi episodi. Quando la sitcom torna in auge grazie agli upload pirata su internet, Frank torna a godere della popolarità perduta, ma non smette di rammaricarsi del fatto che le nuove generazioni sbeffeggino la sua creazione, senza coglierne il cosiddetto valore emotivo. Darla, la protagonista del programma, viene menzionata nei suoi ricordi e appare in numerosi primi piani, ma la sua voce ci è negata. Ma tanto a Frank gliene importa il giusto, perché chiosa paternalisticamente: “Non so che fine abbia fatto. Spero si sia sposata e abbia avuto un paio di figli. Era una ragazza dolce”.

Una delle caratteristiche del genio di Tamaki – virtuosa della tavola da disegno, ma qui in grande spolvero come narratrice dalla sopraffina capacità di osservazione delle cose del mondo – è quella di dedicare grande attenzione alla costruzione, l’evoluzione e il trattamento dei suoi personaggi, soprattutto femminili. Le donne di Boundless vivono davvero sulla pagina; sono donne intelligenti, sensibili, caustiche, incazzate, stronze, confuse. Hanno età, corpi, gusti sessuali, classi e colori differenti ma sono tutte ugualmente bramose di trascendere la propria normalità e le aspettative che la società nutre verso di loro.

Canadese di origine giapponese, cresciuta nella bianca bianchissima Calgary e abituata per anni ad essere l’unica asiatica della scuola, Tamaki è dichiaratamente femminista e consapevole che la rappresentazione nell’arte e nei media è uno strumento potentissimo, che non solo le permette di raccontare in maniera inclusiva esperienze e culture diverse (anche a lettori molto giovani, come nel caso delle opere co-create con Mariko), ma anche di mantenere una grande fluidità creativa.

A volte sembra lavorare su testo e immagine come se fossero due canali separati, due flussi di informazione distinti che finiranno per supportarsi o confliggere. “1. Jenny”, ad esempio, è la storia di una ragazza che scopre di avere una sosia su Facebook (o meglio su una versione mirror di Facebook: un sito che è la copia speculare del social originale). Tutta la vicenda si snoda attorno a questo dualismo e al rapporto della protagonista con l’alter ego che non conoscerà mai di persona, ma potrà osservare giorno per giorno online. Mentre il testo va in una direzione, le tavole si popolano di piante e di una vegetazione pullulante: Jenny lavora in un vivaio, ma lo scopriremo più avanti nella storia. Quale metafora migliore, se non quella “organica”, per rappresentare come funziona internet?

In “Sexcoven”, ambientata negli anni dell’internet 56k, un pezzo di drone music lungo sei ore, caricato online da un anonimo, diventa virale tra la popolazione under 25. La traccia è in grado di provocare negli ascoltatori uno stato di allucinata euforia; nascono forum dedicati, ascolti di gruppo nei boschi e orge che preoccupano i genitori. Col tempo la moda passa, e anche i fan più accaniti se ne dimenticano, salvo uno sparuto gruppo di fedelissimi (tra cui la narratrice, Raven) che si fa chiamare The Tech e continua a idolatrare questo mp3 creandoci sopra un culto che ha come scopo la sua decodificazione e una comprensione più alta.

Diagrammi, numeri, teoremi e video player convivono sulla pagina con nuvole, sabbia, acqua, vento e aria: elementi naturali e linguaggio informatico si compenetrano, su uno sfondo blu-verde che ci scalda e rilassa. È una storia intrigante e inquietante, che lascia intravedere i modi in cui interazioni e coinvolgimento degli utenti incideranno in futuro sulla percezione di certi contenuti online, il loro gradimento o la loro rovina e nel contempo consegna con discrezione una lezione sul crescere venendo a patti con le utopie giovanili.

Viene da chiedersi se in questo caos almeno gli animali se la cavino meglio di noi. Nel capitolo finale, anch’esso intitolato “Boundless” sembrerebbero così sicuri di sé, mentre ci raccontano la loro quotidianità. Ma la verità è che la loro vita è ben più limitata della nostra. Anche l’uccello più impettito può soccombere sotto il filo invisibile di una ragnatela. Lo scoiattolo è in competizione con i suoi simili per marcare il territorio. La mosca ha una vita statisticamente breve, che può finire amaramente tra le pagine di un libro.

I limiti raccontati da Jillian Tamaki in questa antologia sono sia personali che collettivi, umani ma anche naturali. È questo a renderla una lettura estremamente sfidante, concettuale, eccitante: ci fa riflettere sulla dimensione profonda dell’essere e come vogliamo affontarla. E chiudendo il libro con una risata (“Haha!”), forse ci suggerisce come ha scelto di viverla lei.


Note:

• Jillian Tamaki è appassionata di quilting, un’attività manuale simile al patchwork che prevede l’unione, tramite cucitura, di diversi tessuti per ottenere un prodotto artigianale unico. Su Instagram si possono vedere alcune delle adorabili trapunte che realizza nel tempo libero.

• Le copertine che ha illustrato per Penguin sono nate in realtà come ricami: per dire.

• Per AAWW, Asian American Writers’ Workshop, ha rilasciato un’intervista molto interessante sul tema della diversity e della rappresentazione, che consiglio di leggere.

• Oltre alla cugina Mariko, che è una scrittrice e performance artist pluripremiata, anche la sorella minore di Jillian, Lauren, lavora in campo artistico. È una bravissima illustratrice, graphic designer e art director, che lavora tanto con il New York Times come per Chanel. Come si fa a non amare questa famiglia?

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