A.M.A.R.E. L’amour (et la confusion) toujours

Quando apro A.M.A.R.E. ci trovo dentro una cartolina Maple Death x Canicola che mi suggerisce di ascoltare un brano musicale dedicato all’antologia. Seguo il consiglio, metto su “Occhi di serpente” degli italiani WOW e mentre China canta “Tutto intorno gira nella sala buia, chissà se apparirai te” mi immergo nella lettura. Poche pagine e sono già travolta, in mare aperto, pronta a lasciarmi andare alle onde e la dialettica di autrici straordinarie e le loro storie prive di inutili timidezze, lontane da pose e compiacimenti di cui pecca talvolta il racconto adolescenziale a fumetti, in ambito indie e mainstream.

L’antologia composta dai racconti scritti da Martina Sarritzu, Amanda Vähämäki, Roberta Scomparsa, Eliana Albertini e Alice Socal (il titolo nasce dall’unione delle loro iniziali anagrammate e puntate, un po’ come le mitiche W.I.T.C.H.) è, per quanto mi riguarda, uno dei fumetti italiani dell’anno. Altissima qualità dei testi oltre che dei disegni, unisce il talento di cinque autrici di fumetto contemporaneo che appartengono a generazioni differenti, per raccontare cosa significhi essere adolescenti, interrogarsi sulla propria identità e le aspettative che la società ripone in noi.

A Martina Sarritzu (già nella scuderia Canicola con Vacanze in scatola scritto da Tuono Pettinato) spetta l’onere e l’onore di firmare il primo racconto, “Un passo indietro” settando mood e temi dell’intero libro. Anna e Viò sono alle medie, migliori amiche che passano il tempo a imitarsi a vicenda, parlare di ragazzi e scambiarsi make-up economico, cercando di passare indenni una delle fasi più delicate della loro vita. Sono l’emblema delle adolescenti italiane, abitanti della provincia che si muovono tra noia e bisogno di capire se stesse. Assecondando i goffi appetiti sessuali dei coetanei, tutti motorino e pomiciate spinte sulle panchine. Come molte di noi, lottano per capire tra amicizia e amore, cosa sia più adatto a loro.

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Hot Comb. Costruire la propria identità iniziando dai capelli

Avere il controllo sui propri capelli e amarli è un atto rivoluzionario che fa parte dell’esperienza culturale delle donne afrodiscendenti, costrette per molto tempo da oppressione sociale, abusi e discriminazione razziale a nasconderli. È un modo per reclamare il proprio valore.

Hot Comb, il primo libro a fumetti dell’antropologa ed educatrice afroamericana Ebony Flowers, è una raccolta di storie brevi che riflette proprio sul rapporto che bambine, ragazze e donne nere hanno con i loro capelli, descrivendone i rispettivi “hair journey”. Uscita nel 2019 per Drawn&Quarterly, questa antologia a metà tra memoir e critica sociale esplora un ampio spettro di emozioni – amicizia, amore, gioia, ansia, lutto, nostalgia – celebrando la cultura nera e facendo anche i conti con la quotidianità razzista e misogina perpetrata dagli ignoranti.

“I capelli sono un aspetto importante della nostra vita”, ha spiegato al Chicago Tribune l’autrice. I capelli sono passare del tempo insieme, sono espressione e intimità, sono terapia. I capelli sono sopravvivenza, sono una storia condivisa e personale.

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Malibu. La provincia italiana come stato mentale

Un giorno, quando avevo otto anni, mio padre tornò a casa da lavoro tenendo sotto braccio un libro che aveva comprato uscendo dall’ufficio. Era Schei di Gian Antonio Stella, e in copertina c’erano delle monete impilate su cui sedeva comodo il leone di San Marco. Si trattava di una disamina critica del boom economico che aveva investito il Nordest nella seconda metà del Novecento e che in quei primi anni Novanta inizia a mostrare segni di cedimento. Come avrei poi scoperto, anche tutti i genitori dei miei amici e compagni di scuola stavano comprando quel libro. Perché era così interessante da leggere? In sostanza il giornalista del Corriere della sera ci stava fornendo gli strumenti per capire come mai vivessimo tutti circondati da fabbriche, zone industriali e capannoni. E come il denaro (oltre all’orgoglio e alla famiglia) fosse uno degli elementi cruciali per “capire” la terra in cui vivevamo. Io sono nata e cresciuta a Schio, quindi capirete che c’ero dentro fino al collo.

Quando ho letto Malibu di Eliana Albertini, veneta come me, ma della zona del Polesine (Adria), ci ho ripensato subito. In Malibu, pubblicato a settembre da Beccogiallo, non ci sono palme, spiagge e celebrities, bensì una terrà umida e nebbiosa, fatta di rotonde ed edifici dismessi. C’è un’unica grande via di entrata e uscita ed è la Romea, strada statale 309. Una strada che in passato favoriva il passaggio dei pellegrini cristiani diretti a Roma e ora mantiene una certa funzionalità religiosa sebbene la meta dei pellegrinaggi sia diventata il night/music club del titolo.

Il libro si compone di piccole storie autoconclusive, accumunate dall’ordinarietà opprimente e sfigata della provincia italiana attraversata dalla Romea. Ci sono personaggi di età diverse, ragazzi, uomini, anziani – molti maschi e poche femmine, ma ci tornerò dopo – nessuno di loro ha una vita avventurosa, ma ciascuno di loro pensa di avere una vita speciale. Tutta la provincia è paese, e tutti ovviamente “i se conosse”. Per questo alcuni dei personaggi ricompaiono successivamente nella storia di qualcun altro, o li sentiamo nominare se sono assenti.

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Boundless. Il talento senza limiti di Jillian Tamaki

Non si sa bene come, ma una delle poche testate cartacee che quest’estate si è occupata dell’uscita italiana di Boundless, la prima raccolta di storie brevi a fumetti di Jillian Tamaki, è stata Cronaca Vera. Sì, proprio il settimanale di costume e cronaca nera diventato un culto tra gli amanti del trash editoriale italiano. Francamente non pensavo nemmeno dedicasse spazio ai libri, nel delirio delle sue rubriche.

Per il resto, l’esistenza di Senza limiti (questo il titolo scelto dalla casa editrice Coconino Press per il volume, inserito nella collana Warp) è passata un po’ in sordina. Il che è, come dire, un peccato. Il nome dell’autrice canadese non è nuovo al pubblico italiano, che porta ancora addosso come postumi di una sbornia amorosa i ricordi delle letture di Skim e E la chiamano estate, i sofisticati coming-of-age che aveva realizzato a quattro mani con sua cugina, la scrittrice Mariko Tamaki.

Forse giugno non era il giusto in cui farlo uscire, chissà. O forse il formato scelto per quest’edizione non è piaciuto (un po’ più grande dell’originale, che certe storie paiono galleggiare nella pagina). In ogni caso meglio fare un po’ da megafono perché questa è la prima prova di Tamaki come autrice unica che ci passa per mano. Boundless è un fumetto personale, imprevedibile e stupefacente che riesce a gettare un ponte tra mainstream e sperimentazione in modo estremamente naturale.

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