Ricordando Tuono Pettinato: la dolcezza infantile e il magnifico fracasso di Nevermind

L’album che i Nirvana pubblicarono alla fine del 1992, Incesticide, contiene uno tra i loro cavalli di battaglia più amati, Sliver. Nella canzone Kurt Cobain canta l’esagerata cocciutaggine di un bambino rimasto con i nonni per una notte, guardando la tv e sentendosi abbandonato dai genitori. È un’ironica riflessione sull’infanzia, narrata attraverso armonie rudimentali e una fresca semplicità. “Grandma take me home! Grandma take me home!”

È solo uno dei tanti esempi dell’umorismo e della leggerezza di cui la band, e il suo leader in particolare, è stata capace. Nei panni del fanciullo piagnucolone, Cobain voleva che quella fosse “la canzone più ridicola” che avesse mai scritto. Registrata in poco più di un’ora, riusciva a trasmettere un senso di innocenza e determinazione, assieme all’aspra sensazione di sentirsi completamente incompresi.

Molte persone hanno raccontato la storia Cobain equivocandola, dimostrando di ignorare l’impatto che la società può avere sui traumi infantili e sull’autodistruzione degli adulti. Trasfigurato in un santino da portafoglio, Kurt è stato spesso stereotipato nel ruolo dell’artista depresso e messia generazionale che ha tragicamente posto fine alla sua vita. Per noi lettorx di fumetti, fortunatamente, c’è stato un autore che ha saputo discostarsi da questa tradizione melodrammatica per restituirci una fotografia più onesta del musicista. Sto parlando di Tuono Pettinato e del suo Nevermind.

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