When I Arrived at the Castle. L’erotismo splatter di Emily Carroll

Emily Carroll è considerata una voce di spicco (per molti, la regina) dell’horror a fumetti da quando il suo webcomic His Face All Red è diventato virale durante il giorno di Halloween del 2010. I suoi racconti sono letture scioccanti che il suo talento di disegnatrice rende però incredibilmente eleganti e piacevoli da guardare. Anno dopo anno, non hanno mai tradito le aspettative del suo pubblico appassionato di narrativa gotica, folklore europeo e sovrannaturale.

Personalmente non mi sono mai considerata fan di questo genere di fumetti, ma ho subito in pieno il fascino del lavoro di Carroll, complice soprattutto la lettura del suo ultimo libro. Uscito per Koyama Press nella primavera del 2019, When I Arrived at the Castle riprende gli stilemi tipici delle storie di vampiri e li attualizza in un elaborato thriller gotico-erotico che preme forte sull’acceleratore del surreale. Il racconto/novella (dura meno di 80 pagine) mette in luce tutte le sue abilità di narratrice e disegnatrice di macabri mondi e conflitti interiori.

L’eroina della storia è una giovane ammazzavampiri dalle sembianze feline che una sera giunge all’antico castello per quella che sembra una resa dei conti a lungo attesa con la padrona di casa. “La Contessa” si presenta come una donna di grande fascino, sottile come una ballerina, i lunghi capelli neri raccolti in un morbido chignon, per nulla intimorita dalla visita della giovane di cui intuisce immediatamente le intenzioni.

Dopo quello che potrebbe essere considerato come un educato gesto di ospitalità (l’offerta di un drink e un bagno caldo alla ragazza per ristorarsi) il dialogo vira rapidamente in ostilità, provocazione, umiliazione. “Posso sentire fin qui l’odore della tua docilità. Mi fa venire voglia di vomitare” dice la vampira alla giovane esitante. Non sappiamo quale sia il motivo del loro antagonismo ma l’attrito tra le due è immediato e amplificato da una continua suspance e indecisione: chi farà la prima mossa?

Carroll accresce la tensione utilizzando per tutta l’opera un linguaggio poetico che enfatizza il dualismo tra bellezza e orrore e crea un ritmo seducente mentre le pagine lavorano verso quella che Andy Oliver ha ben definito “una fatale inevitabilità”.

La copertina, ben studiata, nasconde parte dei volti delle protagoniste mentre molto concede ai loro corpi avvolti nella lussuria. Come ogni horror story che si rispetti, infatti, in When I Arrived at the Castle c’è la paura, la violenza, ma anche molta tensione sessuale. Si tratta forse dell’opera più esplicitamente queer dell’autrice canadese, sposata con la designer di videogiochi Kate Craig. Nonostante abbia sempre vissuto apertamente il fatto di essere lesbica, non aveva mai affrontato l’argomento nelle sue storie.

In realtà molto di questa scelta è dipeso dalle condizioni in cui ha scritto e disegnato l’opera. Come ha raccontato in un’intervista, When I Arrived at the Castle è nato un periodo di burnout ed è stato costruito pagina dopo pagina senza sapere bene quale sarebbe stata la fine. “Il libro parla di sentirsi persi e di lottare con i demoni sia personali che esterni da sé – [parla] di trovarsi in un posto dove non pensavi che saresti mai finito e da cui avresti disperatamente bisogno di scappare.”

Suo unico obiettivo all’epoca era disegnare cose che le dessero piacere, serenità. Questo oltre ad includere sequenze sanguinolente, comportava anche romanticismo e sporadiche nudità femminili. Anche la protagonista felina ha queste sembianze proprio perché per l’autrice era più semplice disegnarla. “Volevo qualcosa che fosse semplice e piacevole da disegnare e da guardare, e ho finito per creare il mio personaggio più iconico di sempre”.

Vignette e griglie vengono beatamente ignorate per un layout che muta col progredire della storia, con gli oggetti e gli spazi interni al castello che danno forma al design di ogni pagina. Labirinti, teschi, cornici barocche e floreali vengono utilizzate come motivi ricorrenti, ma la scelta forse più inusuale è l’inserimento ripetuto di pagine di solo testo, prive di immagini. Completamente rosse, contengono storie brevi (e tragiche) di altre eroine che sembrano avere qualcosa in comune con la gatta protagonista.

Un bellissimo esperimento narrativo e grafico che parte dal fumetto per farsi romanzo breve per farsi libro illustrato, per tornare ad essere fumetto. Indirettamente ispirato dalla raccolta di racconti Il corpo e altre feste dell’autrice cubano-americana Carmen Maria Machado dove horror e fantascienza si mescolano per raccontare genere, queerness, violenza e metanarrativa.

Una sorpresa che farà rivalutare tutte le potenzialità del racconto breve.


Note:

• Anche se questo libro è inedito in Italia, Emily Carroll è un’autrice presente nel catalogo de Il Castoro con Speak (versione illlustrata del romanzo di Laurie Halse Anderson) uscito lo scorso anno, e prossimamente nel catalogo Tunuè con il pluripremiato Through The Woods.

• Assieme alla moglie Kate ha realizzato il design del videogioco Gone Home (2013),ambientato negli anni Novanta, con una colonna sonora Riot Grrrl.

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