Sempre pronti. L’estate americana di una giovane russa

I campeggi estivi sono stati una costante della mia giovinezza fino a quando ho compiuto 14 anni. Dalle elementari alle medie, anno dopo anno, con lo stesso medesimo incrollabile gruppo di bambini e ragazzi partecipavo ad una settimana di vacanze organizzate dalla Parrocchia, rintanata nelle baite o case diocesane dell’Altovicentino. Con il mio fedele libretto dei canti e delle preghiere sottomano, imparavo nuove canzoni di Lucio Battisti, mi prendevo cura delle aree comuni, spettegolavo con le compagne, cucinavo e – se avanzava tempo – imparavo a conoscere meglio Gesù.

Soffrivo la lontananza da casa e spesso piangevo perché volevo tornare in città. Poi passava. Ogni volta tornavo a casa innamorata di un educatore diverso.

Sempre pronti di Vera Brosgol (Bao Publishing, 2019, traduzione di Michele Foschini) mi ha riportato a quel periodo, ricordandomi quant’era esplosiva la gamma di esperienze emotive che avevo vissuto nelle mie estati preadolescenziali. Gli slanci amicali, la vulnerabilità, le gelosie, le delusioni. Be prepared (questo il titolo originale del fumetto) si basa proprio sull’esperienza vissuta dall’autrice a uno di questi fantomatici campi scuola quando aveva 9-10 anni. È il resoconto tragi-comico della vita di Brosgol come giovane immigrata russa che non riesce ad entrare in sintonia con i suoi coetanei americani a causa di una serie di differenze sociali ed economiche e prova con tutte le sue forze a farsi accettare, senza sacrificare la sua cultura di appartenenza.

“Troppo povera, troppo russa, troppo diversa” rispetto alle sue coetanee di Albany, New York, Brosgol accoglie a braccia aperte l’opportunità di passare l’estate in campeggio come modo per emulare le sue amiche americane, abituate a trascorrere le vacanze nei campi migliori. Soprattutto, però, non vede l’ora di partire perché è consapevole che al campo ci saranno solo “russi come lei”. Nella sua comunità potrebbe forse trovare la tregua che cerca dal suo disagio quotidiano.

Poiché sua madre non può permettersi troppi lussi, il campo cui parteciperà “Verusik” sarà quello dell’ORRA, l’Organizzazione dei Razvedchiki Russi in America. Ospitato nei boschi del Connecticut, della durata di quattro lunghe settimane. Lì i partecipanti indossano la divisa con il fazzoletto ben annodato, hanno toppe da cucire sul petto, marciano, studiano storia e imparano rudimenti di artigianato. Se non bastasse il titolo del libro, che riporta il motto guidista “Sii preparato”, stiamo proprio parlando di scoutismo, solo nella declinazione russa ortodossa.

Il problema è che di Russia, al Camp ORRA, ce n’è fin troppa! Le canzoni sono cantate in russo, gli animatori parlano in russo e invitano i ragazzi a rispondere a tono, in russo. Vera (che è originaria di Mosca, dove ha vissuto per cinque anni prima di trasferirsi negli USA) capisce perfettamente la lingua, ma non sa scriverla e leggerla altrettanto bene; da prima della classe si ritrova ad essere declassata a “caso perso”.

In generale il campeggio è più terribile di quanto pensasse. I servizi igienici si trovano in una baracca piena di ragni in mezzo al bosco rinominata ironicamente “Hollywood”, ci sono un sacco di insetti, le sue compagne di tenda la snobbano (prima) e la bullizzano (poi) perché sono più grandi. Vera non riesce a sentirsi accettata nemmeno qui, così inizia a scrivere delle lettere alla madre. Avvolta nel suo sacco a pelo, alla luce della torcia, si confida sui fogli come se scrivesse un diario, e anche se queste confessioni lasciano trapelare una vaga disperazione, la consapevolezza che “questo finirà” e poi potrà tornare a casa, la spinge a dedicarsi alle attività degli ultimi giorni con più grinta.

Mettendo a confronto due generazioni, Brosgol ci racconta così anche la storia di sua madre. Le vengono dedicate poche pagine del libro (che ne ha 260 in totale) ma tanto basta per farci scoprire che dopo il divorzio si è trovata a crescere i figli da sola, lavorando e studiando per completare la laurea. Anche per lei la vita in un paese straniero è dura: l’unico momento per sentirsi a casa è quello trascorso alle funzioni religiose della chiesa ortodossa di quartiere, o al bazar locale dove vendono dolci tipici della terra d’origine come la torta Medovik al miele.

La giovane Vera non ha ancora gli strumenti per capire quanti sacrifici la madre stia facendo per lei e i suoi fratelli, ma la Vera “adulta” strizza l’occhio ai lettori elaborando un passaggio fondamentale per la storia che è quello in cui madre e figlia si rivedono al termine delle due settimane di campeggio previste. Verusik è convinta di stare per tornare a casa, ma la madre ha un’altra notizia da darle: le hanno fissato un importante colloquio di lavoro, per poterci andare dovrà prolungare le vacanze della figlia, perché non si potrebbe altrimenti permettere una babysitter mentre è assente.

La figlia reagisce col panico perché è convinta di trovarsi in un inferno in cui nessuno le vuole bene. Consolandola prima di ripartire, la madre le dà un consiglio molto semplice, la chiave per farsi degli amici è lasciarsi conoscere. “Quando capiranno quanto sei sveglia e che brava artista sei, io credo che gli piacerai molto”. Dopotutto, sono solo altre due settimane, “due settimane difficili in cambio di un’intera vita migliore”.

Con i ragazzi lontani dai genitori per un lasso di tempo limitato, il campeggio assume sempre più le sembianze dell’esperimento sociale in cui i grandi temi della maturità come l’autosufficienza, l’appartenenza e l’amicizia acquisiscono una rilevanza personale. Come ogni racconto dedicato alla preadolescenza che voglia essere un minimo oggettivo, non mancano le umiliazioni, le dinamiche di gruppo e le ingenuità legate al ciclo mestruale o all’attrazione sessuale.

Che siano disposti ad ammetterlo a se stessi o meno, tutti questi giovani scout torneranno a casa cambiati. Inclusi Vera e il fratellino che è partito con lei, Philip, assegnato ad un accampamento attiguo. Alla fine della loro esperienza, soppesando pro e contro della vacanza trascorsa, si ritroveranno (per la prima volta in vita loro) d’accordo sul fatto che ne sono usciti indenni ma è stata una faticaccia!

Il disegno di Brosgol è assolutamente magnifico. Il testo è semplice e accessibile (non avete idea di quanto si parli di cacca, viva i bambini), il ritmo incalzante. Al colorista Alec Longstreth si deve la scelta di questa tavolozza monocromatica che gioca con le sfumature di verde militare per rafforzare l’ambiente naturale. Il finale “cliffhanger” lascia pure la porta aperta per un sequel. I personaggi che rimangono spesso impuniti per un comportamento crudele e la breve parentesi dedicata a una storia d’amore poco fortunata distinguono questo titolo da altre opere a fumetti dedicate ai giovani adulti. Sempre pronti è un graphic memoir molto vicino per sensibilità, gusto artistico e acume ai best sellers di Raina Telgemeier, che ha molto da offrire al di là del prevedibile lieto fine.

Riguardo la lingua: nell’edizione italiana rimangono le parentesi angolari nei balloon ad indicare un dialogo parlato in russo, assieme a parole e segni non tradotti che contribuiscono a creare l’atmosfera folcloristica del campo. A fare da appendice al libro (impeccabile edizione cartonata in stile Bao) ci sono alcune fotografie personali e una copia della lettera scritta veramente da Vera a sua madre durante il campeggio, assieme a una nota in cui l’autrice spiega quanto c’è di vero nella storia e quanto sia invece stato rivisto per esigenze narrative. Se qualcosa è stato cambiato, i sentimenti narrati sono però veri al 100%: “Molti amano i campi estivi e non vedono l’ora di andarci ogni anno. Sono felice per loro, ma non sono come loro. So di non essere la sola a pensarla così e questo libro potrebbe far sentire alcuni bambini meno soli”.


Note:

• Nel catalogo di Bao c’è anche il primo graphic novel di Vera Brosgol, Anya’s Ghost (Anya e il suo fantasma, 2013, traduzione di Caterina Marietti), vincitore di un premio Eisner e un premio Harvey come “Miglior pubblicazione per giovani adulti”. Tematiche coming-of-age e tradizione russa si intrecciano anche in questa ghost story adolescenziale.

• Vera Brosgol è amica di Raina Telgemeier, autrice americana considerata una superstar del fumetto per ragazzi (pubblicata in Italia da Il Castoro), che ha firmato il “blurb” in quarta di copertina: “Disegnato meravigliosamente, pieno di ironia e brutalmente onesto. Vera è una fumettista così brava che quasi non la sopporto”.

• Prima di lanciarsi nella carriera fumettistica, Brosgol ha lavorato per molti anni a Laika – lo studio di animazione che ha prodotto tra le altre cose Coraline e ParaNorman – sotto la guida di Henry Selick, amatissimo regista di pellicole in stop motion e braccio destro di Tim Burton. Alla faccia della gavetta!

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