Unfollow. Unendo ecologia, social media e proselitismo, cosa mai potrebbe andare storto?

Un giorno il verbo si fece carne e sulla terra comparve un bambino dalla pelle rugosa. Venne accolto da una famiglia di classe media, in una casa con giardino, cane, compiti per casa e una stanza tutta per sé. A dodici anni iniziò ad essere seguito da uno psicologo infantile, perché non faceva che ammassare sotto il letto barattoli con resti di animali e parlare di “odore”, un profumo dolciastro che spiegava aver percepito la prima volta il giorno in cui nacque.

C’è qualcosa di incredibilmente disturbante e attraente in questo fanciullo. Sembra sapere tutto della storia del pianeta. Il modo in cui parla spaventa gli adulti, mentre i più giovani ascoltano rapiti i suoi racconti sulla nascita del mondo, la comparsa (e distruzione) delle specie. All’interno dell’Istituto per bambini con disturbi dell’apprendimento dove viene ricoverato diventa immediatamente una star. I piccoli pazienti pendono dalle sue labbra e pochi mesi dopo lo aiutano a scappare. Convinti di aver assistito ad un incontro di natura messianica.

È a questo punto che l’account @Earthboi compare in rete. Nessuno ha ben capito da dove il ragazzino riesca a trasmettere i suoi video, ma è presto chiaro quale sia il suo messaggio: per contrastare il riscaldamento globale e la distruzione umana dell’ambiente bisogna diventare tutt’uno con esso, vivere in simbiosi con la Natura.

Sono temi caldi (caldissimi) quelli che Lukas Jüliger, illustratore e fumettista tedesco classe 1988, sceglie di mettere al centro del suo terzo lavoro Unfollow, pubblicato in Italia dalla piccola casa editrice Atlantide, per la traduzione di Marta Moretti. Da una parte l’incombente catastrofe climatica e l’indolenza dei governi a mettere in campo provvedimenti per affrontarla, dall’altra l‘influencer culture e la sempre maggiore influenza dei social media nella comunicazione di massa.

Il protagonista del suo fumetto è una giovanissimo youtuber ambientalista che non vuole rassegnarsi al disastro e grazie alla sua saggezza e al suo carisma assume rapidamente lo status di “portavoce di una generazione tradita”, a cui Time dedica svelto una cover. Earthboi vive in un bosco, coltiva alghe e funghi commestibili “estremamente nutrienti”, senza impoverire il terreno, e spiega ai suoi sempre più numerosi follower come ridurre la propria impronta di carbonio annuale. Inizia ad avere contatti con le persone facendosi saltuariamente ospitare nelle loro case, utilizzando i loro allacci energetici (tracciati dall’hashtag #UseMyOutlet) per ricaricare i suoi device e creare nuovi video.

Earthboi conduce un’esistenza solitaria fino a quando incontra Yu, una programmatrice che possiamo supporre sia sua coetanea, che ben conosce il funzionamento della rete e lo aiuta a espandere le proprie conoscenze in campo informatico. Yu è un personaggio pubblico tanto quanto Earthboi; con un grande seguito online, ma difficile da catalogare, poiché pur essendo così giovane ha già vissuto mille vite: stilista, modella, gamer, architetta, designer di comunità sostenibili.

Il fortuito incontro di queste due figure ambiziose e carismatiche (presto innamorate) si rivela decisivo per l’evoluzione della loro “missione” ecologista. Un’app prima, una comune dopo: grazie a una grande attività di proselitismo e pubblicità l’ecologia diventa subito una tendenza e bene prezioso di cui tutti vogliono un pezzetto. Poco importa essere ricchi o famosi: c’è solo bisogno di essere più conosciuti, per attrarre quanta più gente possibile. Per diffondere “il messaggio”.

Pagina dopo pagina, la sensazione è quella di una storia che non andrà a finire bene (spoiler: finisce malissimo). Unfollow promette salvezza e uno scopo superiore da perseguire, ma è permeato di un sottotono inevitabilmente oscuro che l’autore pare avere preso in prestito dalle cronache di storici gruppi di culto e relative pulsioni distruttici. “Sono da sempre interessato ai culti religiosi come People’s Temple, Heaven’s Gate, Aum Shinrikyo e così via” ha detto in una recente intervista su Lo Spazio Bianco. “In generale gli uomini sanno benissimo che non finisce mai bene quando si segue ciecamente un solo uomo. Per spiegare questo non serve la mia opera. Però io sposto l’attenzione su ciò che è veramente pericoloso, ossia i seguaci.”

È quasi paradossale, quindi, che Unfollow sia un fumetto privo di dialoghi, di indottrinamenti formali. La narrazione avviene esclusivamente tramite le didascalie che accompagnano ciascuna vignetta ed è tutta in terza persona. Si scopre ad un certo punto che la voce è quella dei seguaci di Earthboi e per questo il registro è solenne, agiografico (“Avevamo seguito ogni suo passo e lui era stato con noi ogni giorno”). Earthboi per loro è una divinità: ogni progetto un evento, ogni particolare una prova di santità. Ad un certo punto è inevitabile chiedersi: “Sto leggendo il vero? Qual è il reale pensiero di Earthboi in questo proposito?”

L’autore presenta una storia dalla prospettiva degli apostoli e sfida chi leggerà a pensare a ciò che è successo. Per questo Yu (unica donna menzionata nel libro) non è che un personaggio accessorio, un “di più” del piano del loro leader. Se gradualmente scivolerà fuori dall’inquadratura non sarà un problema: il mondo dev’essere salvato, il resto non è importante, le persone non sono importanti.

Su queste pagine silenziose e affilate si alternano il rosa e blu pastello anticipati dalla copertina. Tonalità tenui e confortanti che, accompagnate dal disegno in stile manga di Jüliger, dettagliato e gentile, contribuiscono a rendere stranamente gradevole alla lettura una storia scomoda del nostro presente, a rendere accettabile l’irrazionalità.

La parabola di Unfollow in fin dei conti non è particolarmente originale, dato che si rifà visibilmente ai sopracitati culti pseudoreligiosi passati alla storia per i loro tragici epiloghi. Da un certo capitolo in poi, è facile capire dove andrà a parare la smania dei “follower” di difendere la natura a ogni costo. Quello che semmai è interessante, per me, al netto del suo pessimismo è che l’autore abbia scelto come protagonista una generazione (la Z, quella dei post-millennials, di Greta Thunberg) che ha cambiato il volto della protesta verde, coordinandosi meglio e facendo più rumore di chi si batteva per la causa ambientalista prima di loro. Una Gen Z che utilizza internet per confrontarsi, trarre ispirazione, discutere, ma soprattutto “fare rete”, affidandosi ciecamente alla connessione come unità di misura dal mondo, ma allo stesso tempo perdonando l’invadenza della tecnologia nelle esistenze private ed esponendosi a seduzioni e distrazioni che, se non controllate, rischiano di riscrivere il messaggio originale. Alla fine di Unfollow viene da chiedersi se gli esseri umani potranno mai riconciliarsi con la natura, se il web potrà aiutarle in questo e se esistano stili di vita sostenibili. Dare risposte è difficile, ma senza dubbio partire dalla letteratura dedicata alle storie “di transizione” per discuterne può aiutarci a superare l’attuale paralisi e generare una predisposizione positiva al cambiamento. Ci vediamo dall’altra parte.


Nota:

Lukas Jüliger aveva anticipato alcuni dei temi di Unfollow nel suo primo graphic novel, Vakuum (2013), dedicato all’amore tra teenager e all’imminente apocalisse, applaudito dalla critica. L’idea di narrare una storia a fumetti solo tramite le didascalie era stata invece sperimentata nel successivo Berenice (2018), racconto breve ispirato ad un lavoro di Edgar Allan Poe.

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