The Prince and the Dressmaker. Libertà, uguaglianza, extravaganza

A quattro anni di distanza da In Real Life, graphic novel che aveva disegnato su sceneggiatura di Cory Doctorow, Jen Wang torna in libreria con The Prince and the Dressmakeruna fiaba ambientata nell’Ottocento e raccontata con un linguaggio contemporaneo, interamente scritta e disegnata da lei per un pubblico di giovani adulti. Grazie a Bao Publishing manca pochissimo per averlo nelle librerie e nelle fumetterie italiane: col titolo Il principe e la sarta (e la traduzione di Caterina Marietti) uscirà giusto questa settimana.

Come prima cosa, un consiglio: non fermatevi alla prima riga di sinossi perché rischia di portarvi fuori strada. “Principe ereditario colpito dal talento di una sarta di umili origini le offre un lavoro come sua personale designer di corte” pare una banalità della peggior specie, vero? Oltre questa premessa tutto sommato insipida si apre invece un libro eccezionale sull’amicizia e l’amore che trascendono il binarismo di genere.

Al centro della storia la passione comune di Sebastian e Frances per la moda e gli abiti femminili di haute couture. Una li realizza per lavoro, l’altro… li indossa per diletto. La sera, infatti, il principe ama sgattaiolare fuori dalla sua reggia indossando gonne e parrucche per diventare la stilosa Lady Crystallia, icona ammirata ed invidiata da tutto il popolo della notte di Parigi. La sua identità è però ancora “closeted” (a corte sono solo in due a conoscere il suo segreto – il fido assistente Emile, e ora Frances) e mantenerla tale sarà sempre più difficile, soprattutto ora che ha compiuto 16 anni i suoi genitori vogliono vederlo sposato e concentrato sulle sue responsabilità di futuro regnante.

Wang in un’intervista a Forbes ha dichiarato che il personaggio di Frances le frullava in testa da un po’: desiderava scrivere una storia dove una ragazza avesse come speciale superpotere la capacità di realizare abiti che cambiassero la vita di chi l’indossava. Guardando l’ennesimo episodio di RuPaul’s Drag Race improvvisamente si era illuminata: avrebbe fatto un libro ispirato ai classici Disney, ma con un pizzico di queerness in più.

La sua Frances è un treno: dotata di una creatività e un talento per il cucito fuori dal comune, lascia il burbero datore di lavoro e il suo posto sottopagato alla bottega senza esitare, per vivere a corte e diventare la sarta ufficiale del principe. Innamorata della sua indipendenza, Frances non vuole farsi mantenere da nessuno ma semplicemente continuare a fare il suo lavoro guadagnando il giusto e perché no, divertendosi nel tentativo. In breve tempo ottiene il rispetto di tutta la corte, che incoraggia e vede di buon occhio la sua amicizia con Sebastian, ignorando che la vera destinataria delle sue creazioni sia infine Lady Crystallia, di cui nel frattempo è diventata grande confidente e alleata.

Con la sua gentilezza e sensibilità, la ragazza aiuta Sebastian ad uscire dal guscio e diventare finalmente se stesso, in drag. In segno di amicizia lui prenderà il suo nome d’arte proprio da un ricordo d’infanzia di lei, che distrattamente gli aveva raccontato di aver scelto di fare la sarta quand’era bambina, dopo aver visto il trionfale manifesto dell’opera “The Muse of Crystallia”.

Il principe è una persona adorabile: garbata, spiritosa ed intrigante. Sebbene la sua identità di genere non sia direttamente discussa nel libro, ma non è errato interpretare il suo comportamento e le sue parole come espressione di una fluidità di genere, né maschile né femminile, ma da qualche parte nel mezzo dello spettro (“Genderqueer è forse la definizione migliore”, ha detto Wang stessa). Indossare abiti non fa parte di una performance, ma di un modo per essere più autenticamente se stess*.

Prima in incontrare Frances, Sebastian non aveva mai avuto coraggio di mostrarsi in pubblico con abiti non maschili, per terrore di essere giudicato come deviato (o peggio, riconosciuto!). Come dargli torto d’altronde: in quel periodo storico, un uomo che indossava dei tacchi veniva considerato ridicolo, pietoso, poteva finire in carcere per cospirazione e reato di omosessualità (una donna che voleva mettere i pantaloni doveva avere un’autorizzazione della prefettura, pena la reclusione).

Indossando gli incantevoli e rigogliosi abiti disegnati da Frances, una festa per gli occhi e un tripudio di volumi, piume, perline e audaci abbinamenti cromatici, Sebastian si trasforma, e non servono altri incoraggiamenti per rendere Lady Crystallia la diva che ha sempre sognato di essere. “Quando entro in una stanza, voglio che tutti mi notino”, dice all’amica per spiegarle il genere di vestito che vuole realizzi per lui. “Non c’è bisogno che lo amino o lo capiscano, però se lo ricorderanno”.

Parafrasando Bill Cunningham, celebre fotografo di moda del New York Times che amava definire la moda come “un’armatura che ci permette di sopravvivere nella realtà di tutti i giorni”, Sebastian si fa scudo degli abiti tailor-made che realizza la sua migliore amica per far fronte alla quotidianità di erede al trono in cui si trova completamente a disagio. Nonostante il privilegio che deriva dal suo status (non dovrà mai preoccuparsi di portare a casa soldi, di non avere un tetto sopra la testa) ha un desiderio decisamente umile e legittimo: essere visto e sentirsi libero di amare chi vuole.

Come in ogni storia di ispirazione disneyana, non manca la componente drammatica. Frances sogna di poter diventare una fashion designer di successo, e dall’inizio alla fine del libro, non fa che lavorare sodo (talvolta privandosi del sonno), per produrre quanti più bozzetti, idee e capi finiti possano fruttarle l’ingaggio della vita: la produzione di una collezione personale, presso il primo grande magazzino che la città sta costruendo, il “Trippley’s”.

Sebastian la supporta e, in un certo senso, le fa una grande pubblicità sfoggiando i suoi abiti sera dopo sera, lasciando a bocca aperta donne e uomini della città. Ben presto però il segreto inizia ad essere sempre più pesante da portare, e Frances rischia di non poter vedere il suo sogno realizzato se continua a rimanere nascosta a corte.

Mentre la tensione tra i due sale, si verifica una delle scene più dolorose del libro: l’outing di Lady Cristallia, perpetrato da un personaggio maschio, cisgender, etero che evidentemente si era sentito offeso dalla “scoperta” di Sebastian in drag, e per questo decide di trascinarlo davanti a tutta la corte, Re e Regina compresi, per diffamarlo. Un momento brutale, che lascia un segno indelebile non solo nei presenti alla scena ma anche al lettore, che fino a quel momento aveva seguito le vicende da una prospettiva relativamente “safe”.

Jen Wang si rivela una narratrice della madonna, sia per l’acume con cui snocciola i dialoghi tra i protagonisti e i personaggi secondari del libro, sia per la sua capacità di far parlare anche le tavole mute. Gli occhi, su queste pagine, non scivolano via perdendosi, ma invece indugiano su ogni dettaglio, perché ogni maledetta pagina trasuda la cura, il pensiero e il tempo che gli ha dedicato per realizzarla. Con un magnifico uso del layout, che varia di continuo per seguire il dinamismo dei disegni e non è mai, mai ripetuto, The Prince and the Dressmaker si dimostra una lettura coinvolgente, costruita magistralmente in modo che nulla sembri fuori posto o poco scorrevole o difficile da leggere.

Ciò che è in ultima battuta grandemente apprezzabile del libro di Wang è che non vi sia alcun intento morale o etichetta pronta per essere applicata, tantomeno sul finale (che sì, è lieto, come ogni fiaba richiede). Il rapporto tra Frances e Sebastian, che abbiamo visto nascere ed evolversi sotto i nostri occhi in un tornado di emozioni ambigue e conflittuali, sfocia in un desiderio che è evocato e mai reso esplicito a parole: i sottili scambi e i sentimenti imbarazzati sono una delle cose più belle del libro.

“Ho scritto questo libro pensando alla me adolescente, perciò mi emoziona molto l’idea che ora altri giovani possano leggerlo. Dentro racconto sentimenti molto personali: l’identità, il peso dei segreti, fare coming out e le prime storie d’amore. Spero che i lettori siano in grado di indulgere nella fantasia fiabesca ma si sentano anche capiti!”


Note:

• Stiamo tutti calmi: la Universal ha acquisito i diritti per l’adattamento cinematografico di The Prince and the Dressmaker.

• Jen Wang è co-fondatrice con Angie Wang e Jake Mumm del festival di fumetto di Los Angeles “Comic Arts LA” (CALA). Gratuito ed inclusivo è diventato in pochissimo tempo un appuntamento fondamentale per la community di disegnatori indipendenti in America. Ha festeggiato la quinta edizione l’anno scorso. Lo potete seguire qui: http://www.comicartsla.com/

• Il suo prossimo libro si chiamerà Stargazing e racconterà l’amicizia tra due bambine asioamericane. Sul sito First Second si può dare un’occhiata alla copertina.

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