Dritto per dritto. Il biopic in salsa Fabio Tonetto

Chissà se le persone che l’hanno letto converranno con me quando dirò che Dritto per dritto di Fabio Tonetto è l’autobiografia di un cane che si ritrova a tirare le somme della propria vita, dopo aver interrotto i legami con la sua famiglia e aver sperimentato un breve successo come artista di strada. Si potrebbe obiettare che il sottotitolo “Una fiaba a quattro zampe” lo connoti semmai come la storia di un cagnolino ribelle, che rifiuta le convenzioni che lo vorrebbero sempre su due zampe, dritto e composto come un umano, e se ne va in giro facendo dispetti da quadrupede. Oppure, se si guarda l’incipit (“Ieri notte ho fatto un sogno”), si potrebbe leggerlo come il racconto di una serie di apparizioni mentali, in cui il personaggio protagonista percorre in lungo e largo l’elemento onirico, per confessarsi.

Queste interpretazioni sono probabilmente tutte ugualmente corrette e ragionevoli. D’altronde è dai tempi di “Ren Rocchi” prima e “Rufolo” poi, che Tonetto ci concede la libertà di armeggiare di fronte alle sue serrature narrative con generosi mazzi di chiavi di lettura, osservando da lontano i nostri sforzi con timido sollazzo. Io, nel mio piccolo (blog), preferisco attenermi alla versione più drammatica, forse per una questione anagrafica. Vedo il libro come un racconto di formazione, in grado di svelare la genesi interiore del cambiamento vissuto dall’animale protagonista per mezzo di piccole scene/gag.

Dritto per dritto inizia effettivamente con un sogno ambientato la notte di Natale, emblematica ricorrenza in cui tutti – animali compresi – ci lasciamo andare a bilanci emotivi. La voce narrante è del cane protagonista, che non riesce a vivere serenamente il ritrovo con la famiglia. Ha la sensazione che le sue azioni e interazioni sociali non siano adeguate, che commetterà un errore e rovinerà l’atmosfera. Ma soprattutto che suo fratello minore riceva un trattamento di favore (“Sembrava mi provocassero, mentre con mio fratello erano sempre tranquilli”).

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Cronachette. Della vita e della morte di gatta Esterina

È stato detto e scritto spesso, dagli uomini, che ciò che li distingue dagli animali è la capacità di utilizzare un linguaggio verbale per comunicare con i propri simili. Ma cosa succederebbe se anche gli animali parlassero, tra di loro e con noi? Se riuscissimo a comunicare con loro, conoscere la loro storia, identificare i loro problemi potremmo finalmente dire di essere riusciti a risolvere quell’enigma che è la comunicazione intraspecifica? Giacomo Nanni sembra suggerirci che con un po’ di esercizio e qualche sbalzo d’umore, beh, possiamo andarci vicino.

In Cronachette il fumettista romagnolo racconta come si sono conosciuti lui e la sua gatta, come hanno iniziato a comprendersi, comunicare reciprocamente, prendersi cura, farsi compagnia e riflettere insieme sulla vita. Cronachette è però anche molto altro. È un libro che parla di azioni minime e quotidianità rarefatta offrendoci un assaggio della sconfinata interiorità di Giacomo Nanni e della sua abilità di distillare il visibile in un linguaggio fumettistico sempre nuovo, senza rinunciare al proprio umorismo.

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The Prince. Imparare a difendersi in un mondo misogino

La fiaba del “principe ranocchio” la conosciamo tutti, vero? Vittima di un malvagio incantesimo, un giovane principe viene trasformato in ranocchio, la sua vita condannata alla forma animale, fino a quando una giovane principessa non lo libera dalla maledizione dandogli un casto bacio.

The Prince di Liam Cobb (Retrofit Comics, 2018) è forse una delle tante riformulazioni di quella storia, che però se ne distanzia tanto da sovvertirne completamente gli archetipi. La vicenda narrata in questo fumetto di poco più di 100 pagine, se anche vede al centro il legame tra una rana e una donna, cresce lentamente sino a diventare qualcosa di più oscuro, claustrofobico e immorale.

The Prince è la storia di un legame dannoso, un matrimonio giunto alla fine. Protagonista assoluta è May, la donna ritratta in copertina, sposata con Adrian, un ripugnante uomo d’affari che la rende infelice e con il quale manca qualsiasi connessione emotivo-affettiva. May patisce il disprezzo e le continue critiche del marito, consapevole che il loro rapporto si stia logorando eppure è incapace di svincolarsi da quest’unione nefasta. Pare essersi arresa alla sua infelicità fino a quando non incontra l’eponimo rospo.

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