Dentro e fuori dall’armadio. Storia dei coming-out di Eleanor Crewes

È più difficile entrare nel closet o uscirne? Scoprire la propria omosessualità o dichiararla? Nel suo memoir a fumetti Tutte le volte che ho scoperto di essere gay (Diabolo Edizioni), Eleanor Crewes racconta di aver impiegato anni prima di riuscire a fare i conti con la sua identità di giovane lesbica, inanellando durante l’università una serie di tentativi poco convinti di uscire allo scoperto.

Quando era bambina adorava Buffy l’ammazzavampiri, in particolare il personaggio di Willow, che fa coming-out nella quarta stagione. Passava il tempo disegnandola e cercando di replicare i suoi look. Sprofondava il naso nei libri che raccontavano storie di fantasmi, ascoltava gruppi musicali sconosciuti fiera della propria stranezza e del suo gruppo di amiche fidate. Crescendo era diventata più insicura: la terrorizzavano i pettegolezzi e si sentiva schiacciata dalla pressione di conformarsi e dover per forza baciare qualche ragazzo, uscirci e farlo sapere al mondo.

Era sempre stata consapevole di provare un forte senso di differenza rispetto alla norma a cui era stata socializzata, ma le mancavano gli strumenti adatti a descriversi, così aveva finito col respingere sentimenti e orientamento sessuale “scomodi” ai margini della sua vita sociale (“Era come se qualcuno mi avesse consegnato una lettera da tenere al sicuro, ma non potessi aprirla fin quando non fosse arrivato il momento giusto”). Solo verso la fine dell’adolescenza, quando ignorare il metaforico armadio che prendeva forma attorno a lei era diventato impossibile, aveva abbracciato l’esperienza del coming-out, che però non si era risolto in un unico spettacolare evento rivelatorio, ma in tanti brevi momenti di lucidità intermittente.

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Brat. Voglio una vita così, c’est la vie

Michael DeForge non è uno che le manda a dire. Avevo Brat sul comodino da appena due giorni quando mi sono imbattuta nel tweet dove sostanzialmente smerdava la Westbank Corp – società canadese che si occupa di sviluppo immobiliare e residenziale di lusso – perché gli aveva proposto di realizzare un fumetto a supporto di uno dei loro ultimi progetti di riqualificazione. DeForge si era limitato a screenshottare la risposta alla mail, che chiosava dicendo: Piuttosto mi taglio la testa. Grazie per avermi contattato, Michael.

La città è infatti il milieu per eccellenza di DeForge, un luogo familiare, quasi sacro, verso cui il fumettista canadese (classe 1987) nutre una visione per sua stessa ammissione romantica. “Non ho mai vissuto in contesti che non fossero cittadini, anche se avrei voluto”. Le cose belle della città come il senso di comunità, l’accessibilità, stanno lentamente svanendo per mano dei cosiddetti agenti del Capitale, e questo per DeForge è insopportabile. Nei suoi fumetti (ma molto spesso anche nei suoi tweet) non è difficile ritrovare questa frustrazione, abilmente filtrata dalla sua raffinata satira surrealista.

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What is a Glacier? Prepararsi alla fine del mondo come lo conosciamo

Negli ultimi quindici anni lo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost ha provocato un innalzamento del livello medio dei mari. Le temperature sono aumentate generando incendi, siccità, tsunami e ondate di calore che hanno provocato devastazioni senza precedenti. L’impatto che il cambiamento climatico sta avendo sul nostro mondo fisico è ormai chiaro e manifesto a chiunque (sì, è il caso di ringraziare anche Greta Thunberg e il movimento Fridays For Future per questo, oltre al New York Magazine). C’è però un fenomeno che è stato in parte ignorato dagli studi ambientali: si tratta dell’impatto che queste situazioni stanno avendo sulla salute mentale della popolazione mondiale.

Un numero crescente di prove dimostra che il cambiamento climatico e i suoi effetti sono collegati a tassi elevati di depressione, ansia, pensiero suicida, stress post-traumatico e una serie di emozioni negative tra cui rabbia, disperazione e senso di perdita. Per definire questo fenomeno è stato persino coniato un termine: “cordoglio climatico” (climate grief).

Sophie Yanow è una fumettista e attivista americana emigrata in Canada che sulla sopravvivenza dell’umanità ha riflettuto parecchio. Graphic reporter per The Nib e il Guardian, in un momento di pausa dalla sua attività di giornalistica ha realizzato nel 2017 What is a Glacier? (letteralmente Cos’è un ghiacciaio?) un breve fumetto uscito per l’etichetta indipendente Retrofit/Big Planet. Una storia autobiografica, sorprendentemente acuta e pregnante, sul cordoglio e l’ansia climatica, ma più in generale sul modo in cui è possibile reagire alla “fine delle cose”. Si può acquistare per soli 6$ direttamente qui. Vediamo di farlo girare nelle scuole, grazie.

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