A.M.A.R.E. L’amour (et la confusion) toujours

Quando apro A.M.A.R.E. ci trovo dentro una cartolina Maple Death x Canicola che mi suggerisce di ascoltare un brano musicale dedicato all’antologia. Seguo il consiglio, metto su “Occhi di serpente” degli italiani WOW e mentre China canta “Tutto intorno gira nella sala buia, chissà se apparirai te” mi immergo nella lettura. Poche pagine e sono già travolta, in mare aperto, pronta a lasciarmi andare alle onde e la dialettica di autrici straordinarie e le loro storie prive di inutili timidezze, lontane da pose e compiacimenti di cui pecca talvolta il racconto adolescenziale a fumetti, in ambito indie e mainstream.

L’antologia composta dai racconti scritti da Martina Sarritzu, Amanda Vähämäki, Roberta Scomparsa, Eliana Albertini e Alice Socal (il titolo nasce dall’unione delle loro iniziali anagrammate e puntate, un po’ come le mitiche W.I.T.C.H.) è, per quanto mi riguarda, uno dei fumetti italiani dell’anno. Altissima qualità dei testi oltre che dei disegni, unisce il talento di cinque autrici di fumetto contemporaneo che appartengono a generazioni differenti, per raccontare cosa significhi essere adolescenti, interrogarsi sulla propria identità e le aspettative che la società ripone in noi.

A Martina Sarritzu (già nella scuderia Canicola con Vacanze in scatola scritto da Tuono Pettinato) spetta l’onere e l’onore di firmare il primo racconto, “Un passo indietro” settando mood e temi dell’intero libro. Anna e Viò sono alle medie, migliori amiche che passano il tempo a imitarsi a vicenda, parlare di ragazzi e scambiarsi make-up economico, cercando di passare indenni una delle fasi più delicate della loro vita. Sono l’emblema delle adolescenti italiane, abitanti della provincia che si muovono tra noia e bisogno di capire se stesse. Assecondando i goffi appetiti sessuali dei coetanei, tutti motorino e pomiciate spinte sulle panchine. Come molte di noi, lottano per capire tra amicizia e amore, cosa sia più adatto a loro.

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Woman World. Vivere in un mondo senza maschi

In letteratura, immaginare di vivere in un mondo senza maschi non è un esercizio recente. Negli anni Settanta le riviste pulp proliferavano di storie fantascientifiche sull’estinzione di massa e questo aveva dato alle autrici – ad esempio Alice Sheldon di Houston, Houston ci sentite?la possibilità di scriverne senza provocare l’ira dei loro lettori. Dopotutto questi mondi mono-genere erano congetture astratte, esercizi poetici interplanetari – di certo non rimproveri o rivedicazioni terrene come quelle di (gasp!) Valerie Solanas.

Nemmeno tra i fumetti si tratta di una novità – viene in mente subito Y, l’ultimo uomo sulla terra (2002) di Brian K. Vaughan e Pia Guerra – eppure questo tema periodicamente viene rispolverato. L’ultima a farlo in questo senso è stata l’animatrice indo-canadese Aminder Dhaliwal. Nota per il suo spiccato senso dell’umorismo e un vivace stile di disegno, ha ripreso questo “What if” e ci ha costruito sopra un webcomic, che Drawn & Quarterly ha raccolto nel volume Woman World nel 2018. Nella sua storia, la causa dell’estinzione del genere maschile è una malattia genetica che nessuno è in grado di curare. Accanto ai devastanti effetti del cambiamento climatico, questo fenomeno contribuisce al declino della società così come la conosciamo e all’ascesa di un mondo popolato solo da donne.

Il risultato è un fumetto sorprendentemente in equilibrio tra ilarità e gravitas, incentrato sulla vita di una colonia di sopravvissute, concentrate a capire come muoversi in questa nuova versione del mondo piuttosto che a cercare di conquistare qualcosa o combattere per le risorse. “I wanted a slice-of-life approach to a big scary idea”, ha dichiarato in proposito l’autrice, residente a Los Angeles, intervistata da Hollywood Reporter.

La prima cosa che salta all’occhio è la varietà di soggetti che popolano la colonia. Si tratta di donne con età, identità, corpi, gusti sessuali e abilità diverse. C’è un medico senza seno, una ragazza con una gamba protesica; una sindaca nudista, una nonna trans. Pochissime ricordano un’epoca in cui esistevano gli uomini e, dal momento che si sono estinti da tempo, pochissime ricordano un mondo dominato da loro. Ne consegue che molte di loro non danno peso all’assenza dei maschi, mentre altre trovano il fatto particolarmente curioso e decidono di indagarci sopra. Per esempio la giovane Emiko, che è felicissima di trovare tra le rovine della città un’antica copia in DVD de Il Poliziotto al supermercato (nell’originale: Paul Blart: Mall Cop). Lo considera una reliquia, la rappresentazione di ciò che poteva essere stato il genere maschile… una baffuta guardia giurata da centro commerciale.

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Queer: A Graphic History. Altolà alla normatività

Se c’è una cosa che ho imparato negli anni trascorsi a Soft Revolution è che non si può essere buoni alleati LGBTQ+ se non si conoscono il passato, il presente e i problemi attuali che colpiscono le persone LGBTQ+ nel mondo. C’è bisogno di leggere, ascoltare, aprire gli occhi – insomma, educarsi – sui linguaggi queer, sulla storia e i problemi di giustizia sociale. Anche se questo implica il più delle volte mettersi in discussione e rivedere in toto le proprie posizioni.

Quando uno dei miei contatti Instagram ha condiviso un estratto di Queer: A Graphic History (nello specifico, una fulminante citazione di Michael Warner, l’autore di The trouble with normal), ho capito subito che sarebbe stato un libro da recuperare alla svelta, per imparare qualcosa di più non tanto sull’attivismo quanto sul pensiero, la teoria, queer.

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