Haxa. (Ri)scoprire la magia di Nicolò Pellizzon

La sfortuna di Nicolò Pellizzon è di essere stato considerato fin dall’inizio della sua copiosa produzione di illustratore e fumettista un artista difficile, da capire e da leggere. Persona riservata con un evidente interesse verso ciò che riguarda la realtà soprasensibile e il simbolismo, con le sue opere ha in egual misura inquietato e sedotto pubblico e critica, senza però mai riuscire a smarcarsi dall’etichetta di autore di nicchia – oscuro come i suoi disegni – che gli è stata attribuita.

Per dire il vero, lui poi da questa nicchia non si è premurato troppo di uscire, anzi. Ci si è messo comodo, rendendo più criptica la sua poetica, preferendo l’isolamento nella provincia veneta ai grandi centri urbani che avrebbero forse favorito la sua notorietà, evitando interviste e non da ultimo scegliendo di dedicare l’opera più importante della sua produzione (in termini di energie spese a realizzarla, ma non solo) ad un genere considerato “minore” come il fantastico. Genere che in Italia soffre lo stigma del pregiudizio al pari forse solo del medium fumetto (parola che fa tremare le gambe a molti giornalisti). Quindi voi immaginatevi fare un fumetto fantastico. Autosabotaggio… o forse la mossa migliore che potesse fare?

Stiamo parlando di Haxa, saga composta da 3 coloratissimi volumi, pubblicati da Bao Publishing. L’ultimo, Il cerchio di pietre, è uscito a febbraio e conclude a sorpresa una storia di cui erano inizialmente previste 4 uscite. “Ad un certo punto ho capito che era giusto concludere la storia così, e mi sono fermato”, mi racconta durante una delle numerose conversazioni telefoniche che abbiamo avuto in proposito. È il suo primo progetto lungo, Haxa; una creatura cui ha dedicato una cosa come sei, sette anni, l’ultimo dei quali prudentemente documentato in una serie di minivideo che stanno uscendo sul suo canale YouTube. Haxa è un lavoro ambizioso e una dichiarazione d’amore alle sue passioni giovanili. I libri di Ursula K. LeGuin e J.R.R. Tolkien. I videogiochi come Final Fantasy, Castlevania, Bloodhorne, Pokemon. Manga come Sailor Moon e libri game come Oberon il giovane mago. La carne al fuoco è molta, ma andiamo con ordine.

La storia è ambientata nell’anno 2110, sul pianeta Terra. Sono passati 75 anni dalla caduta della Torre di Al Hillah (Iraq), un evento epocale che ha svelato improvvisamente al mondo l’esistenza della magia ed “esposto” quella piccola percentuale della popolazione in grado di usarla. Questo famigerato 6% è costituito da persone di diversa età, genere, etnia e provenienza geografica. Individui solitari, abituati a spostarsi di continuo a causa dei mutamenti climatici e geopolitici oltre che della repressione poliziesca. Sono infatti considerati pericolosi per l’ordine sociale e, se catturati, indirizzati verso dei Centri rieducativi.

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Woman World. Vivere in un mondo senza maschi

In letteratura, immaginare di vivere in un mondo senza maschi non è un esercizio recente. Negli anni Settanta le riviste pulp proliferavano di storie fantascientifiche sull’estinzione di massa e questo aveva dato alle autrici – ad esempio Alice Sheldon di Houston, Houston ci sentite?la possibilità di scriverne senza provocare l’ira dei loro lettori. Dopotutto questi mondi mono-genere erano congetture astratte, esercizi poetici interplanetari – di certo non rimproveri o rivedicazioni terrene come quelle di (gasp!) Valerie Solanas.

Nemmeno tra i fumetti si tratta di una novità – viene in mente subito Y, l’ultimo uomo sulla terra (2002) di Brian K. Vaughan e Pia Guerra – eppure questo tema periodicamente viene rispolverato. L’ultima a farlo in questo senso è stata l’animatrice indo-canadese Aminder Dhaliwal. Nota per il suo spiccato senso dell’umorismo e un vivace stile di disegno, ha ripreso questo “What if” e ci ha costruito sopra un webcomic, che Drawn & Quarterly ha raccolto nel volume Woman World nel 2018. Nella sua storia, la causa dell’estinzione del genere maschile è una malattia genetica che nessuno è in grado di curare. Accanto ai devastanti effetti del cambiamento climatico, questo fenomeno contribuisce al declino della società così come la conosciamo e all’ascesa di un mondo popolato solo da donne.

Il risultato è un fumetto sorprendentemente in equilibrio tra ilarità e gravitas, incentrato sulla vita di una colonia di sopravvissute, concentrate a capire come muoversi in questa nuova versione del mondo piuttosto che a cercare di conquistare qualcosa o combattere per le risorse. “I wanted a slice-of-life approach to a big scary idea”, ha dichiarato in proposito l’autrice, residente a Los Angeles, intervistata da Hollywood Reporter.

La prima cosa che salta all’occhio è la varietà di soggetti che popolano la colonia. Si tratta di donne con età, identità, corpi, gusti sessuali e abilità diverse. C’è un medico senza seno, una ragazza con una gamba protesica; una sindaca nudista, una nonna trans. Pochissime ricordano un’epoca in cui esistevano gli uomini e, dal momento che si sono estinti da tempo, pochissime ricordano un mondo dominato da loro. Ne consegue che molte di loro non danno peso all’assenza dei maschi, mentre altre trovano il fatto particolarmente curioso e decidono di indagarci sopra. Per esempio la giovane Emiko, che è felicissima di trovare tra le rovine della città un’antica copia in DVD de Il Poliziotto al supermercato (nell’originale: Paul Blart: Mall Cop). Lo considera una reliquia, la rappresentazione di ciò che poteva essere stato il genere maschile… una baffuta guardia giurata da centro commerciale.

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