Niente inviti speciali, niente pubblicità. La Georgia O’Keeffe di Colaone e De Santis

Quando Georgia O’Keeffe si è spenta nella sua residenza di Santa Fe, Nuovo Messico, era il 1986 e lei aveva 98 anni. Anche se ormai da qualche tempo aveva smesso di dipingere a causa di una degenerazione maculare legata all’età, con l’aiuto di diversi assistenti aveva lavorato alle sue tele fino all’ultimo, attingendo alla sua vivida immaginazione e alla memoria. O’Keeffe fu un’importante pittrice del secolo scorso ed è meritatamente considerata un’icona del modernismo americano, ma in Europa non venne mai realmente riconosciuta come tale fino a tempi recenti. Lei stessa d’altronde mise piede per la prima volta nel Vecchio Continente soltanto nel 1953, all’età di 65 anni; e Londra ospitò la prima mostra a lei dedicata soltanto nel 1993, postuma.

Per questo, quando il Centre Pompidou ha annunciato che nel 2021 avrebbe ospitato la prima retrospettiva francese su di lei, la notizia ha avuto enorme risonanza. L’imponente mostra del museo parigino comprendeva un centinaio di dipinti, disegni e fotografie e dispiegava cronologicamente la lunga traiettoria artistica di O’Keeffe. La curiosità suscitata dall’evento era tangibile: lunghe code, insolite nei giorni feriali, si dipanavano davanti al Centre (dopo la sua chiusura, la mostra sarebbe stata trasferita alla Fondation Beyeler di Basilea, in Svizzera, con un ulteriore successo di pubblico).

Curiosamente, fu proprio in quell’occasione che vennero arruolati Luca de Santis (sceneggiatura) e Sara Colaone (disegni) per realizzarne una biografia a fumetti. I due, com’è noto, condividono un felice sodalizio artistico da oltre una decina d’anni e i loro libri sono conosciuti e tradotti in numerosi paesi stranieri. Dall’unione delle forze del loro editore francese – Steinkis – e il Centre Pompidou è nato allora Georgia O’Keeffe, Amazone de l’art moderne, graphic novel poi arrivato anche in Italia via Oblomov, nella primavera del 2022.

Trovo che i fumetti a quattro mani di Colaone e de Santis siano una macchina narrativa perfettamente oliata, magnifici nella loro chiarezza e apparente semplicità. Non ho paura di sbilanciarmi dicendo che li annovero tra le mie letture di conforto: in fondo ho scelto il loro Ariston (2018) per la prima recensione di questo blog, e non potevo che accogliere con ottimismo l’annuncio della loro nuova fatica. Sarebbero riusciti a riprodurre l’intensità narrativa, la sottile ironia e l’accuratezza storica mai didascalica dei precedenti Leda (2016) e In Italia sono tutti maschi (2008)?

O’Keeffe divenne famosa contro ogni previsione. Seppe farsi strada in un ambiente dominato dai maschi e rifiutò categoricamente di essere valutata solo sulla base del suo essere donna. Basterebbe questo a renderla candidata ideale alla posizione di femminista, direbbe qualcun, non fosse che lei rifiutò sempre di essere etichettata come tale e mantenne una posizione ambivalente riguardo ai movimenti delle donne. Nel fumetto di De Santis e Colaone – fortunatamente – non si forza in alcun modo l’interpretazione politica della sua parabola artistica e privata, ma ci si concentra sull’energica mescolanza di arte, infedeltà, distanza, malattia e successo che caratterizzarono la sua esperienza. Senza lesinare sulle contraddizioni di cui fu punteggiata.

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Ricordando Tuono Pettinato: la dolcezza infantile e il magnifico fracasso di Nevermind

L’album che i Nirvana pubblicarono alla fine del 1992, Incesticide, contiene uno tra i loro cavalli di battaglia più amati, Sliver. Nella canzone Kurt Cobain canta l’esagerata cocciutaggine di un bambino rimasto con i nonni per una notte, guardando la tv e sentendosi abbandonato dai genitori. È un’ironica riflessione sull’infanzia, narrata attraverso armonie rudimentali e una fresca semplicità. “Grandma take me home! Grandma take me home!”

È solo uno dei tanti esempi dell’umorismo e della leggerezza di cui la band, e il suo leader in particolare, è stata capace. Nei panni del fanciullo piagnucolone, Cobain voleva che quella fosse “la canzone più ridicola” che avesse mai scritto. Registrata in poco più di un’ora, riusciva a trasmettere un senso di innocenza e determinazione, assieme all’aspra sensazione di sentirsi completamente incompresi.

Molte persone hanno raccontato la storia Cobain equivocandola, dimostrando di ignorare l’impatto che la società può avere sui traumi infantili e sull’autodistruzione degli adulti. Trasfigurato in un santino da portafoglio, Kurt è stato spesso stereotipato nel ruolo dell’artista depresso e messia generazionale che ha tragicamente posto fine alla sua vita. Per noi lettorx di fumetti, fortunatamente, c’è stato un autore che ha saputo discostarsi da questa tradizione melodrammatica per restituirci una fotografia più onesta del musicista. Sto parlando di Tuono Pettinato e del suo Nevermind.

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Università e pecore. Il privilegio al servizio degli altri

La vita di Don Lorenzo Milani è stata un’avventura breve, fulminante. Prete schierato dalla parte degli ultimi e voce di grande radicalità del clero fiorentino, Lorenzo credeva fortemente nella parola come strumento di libertà e nella scuola come strumento di apostolato. Morì nel 1967 a soli 44 anni, lasciando dietro di sé un’eredità spirituale e una testimonianza pedagogica enormi. In molti hanno provato ad afferrare, analizzare e trasmettere il suo insegnamento, con il passare degli anni. Tra questi contributi, l’uscita più recente ed interessante porta la firma di una fumettista: la pisana Alice Milani, che del sacerdote è niente meno che pronipote.

Università e pecore – edito da Feltrinelli Comics – è infatti una combinazione di fonti orali e scritte, di memoria e aneddotica famigliare, prima ancora che studio sui libri e le lettere scritte dal prozio per raccontare le sue battaglie, i desideri e i grandi ideali. Alice Milani ricostruisce il carattere del protagonista partendo dai racconti “di casa” di sua nonna Maria Teresa, per attraversare con curiosità e stupore le pagine scritte durante i quindici anni di sacerdozio.

Sposata con Adriano Milani, fratello di Lorenzo, Maria Teresa ha più di 90 anni e una gran voglia di chiacchierare. Tra sigarette e Campari, lei e Alice spettegolano e rievocano il passato con dialoghi degni delle migliori pagine di Rutu Modan e Marjane Satrapi (“Lorenzo aveva la mia età, era del ’23. Fosse stato un pellaccia come me sarebbe ancora vivo. Poveretto”). Una cornice narrativa che non invade la biografia di Lorenzo ma è semmai funzionale a mostrare il contrasto tra gli agi della famiglia nobile da cui proveniva e l’opposto delle scelte che fece in seguito.

È questo approccio inedito alla figura complessa e multisfacettata di Don Lorenzo, che rende il libro una piacevole eccezione nel panorama attuale delle biografie disegnate. Quello di Alice è un Lorenzo Milani battagliero, ostinato e contrario, appassionato e profondamente coinvolto in quello che fa e dice (motti ne aveva tanti, ma il più significativo era “I care”, ho a cuore/mi interessa, opposto del “Me ne frego” fascista).

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